StoriesTravelWorld

L’abbazia imperiale di Santa Croce al Chienti tra papi, imperatori, leggende e segreti

L'abbazia imperiale di Santa Croce al Chienti tra papi, imperatori, leggende e segreti

All’incrocio di due fiumi, in una zona pianeggiante, sorge la splendida abbazia romanica dedicata a Santa Croce le cui origini si perdono tra la leggenda e l’oscurità di documenti.

Del grande e potentissimo complesso monastico che fu un tempo, oggi rimane solo la solenne chiesa romanica, scrigno di sorprese nascoste dentro sovrapposizioni stilistiche, rovine e abbandoni.

Santa Croce prima del restauro

Siamo nel IX secolo e un piccolo cenobio di benedettini viene trasformato in monastero per volontà del vescovo di Fermo Teodicio che ottiene la concessione del terreno per l’erezione del convento dall’imperatore Carlo III detto il Grosso, ultimo discendente diretto dei carolingi.

Gli imperatori seguenti riconfermano i privilegi e un numero sempre maggiore di beni ai benedettini che annoverano la protezione imperiale iniziata con Ottone I, confermata da Ottone II, Ottone III, e dalla dinastia Sveva.

La ricchezza del monastero inizia ad infastidire i vescovi di Fermo che tentano di strapparlo alla protezione imperiale per ricondurlo nell’orbita ecclesiastica tanto che papa Celestino III stabilisce di accogliere i monaci sotto la sua protezione con una bolla del 1197.

Nel 1239 papa Gregorio IX, già in piena guerra con Federico II di Svevia, ordina al vescovo di Fermo di piegare l’abbazia all’ordine cistercense ed unirla al vicino monastero di Santa Maria di Chiaravalle di Fiastra.

L’imperatore Federico II non esita a confermare la sua protezione a Santa Croce con due diplomi, il primo del 1219 e il secondo del 1242 con i quali stabilisce l’indipendenza del monastero dal papa e la piena tutela di tutte le proprietà dei benedettini.

Santa Croce dopo il restauro

Nemmeno alla morte dell’imperatore l’abbazia fa atto di sottomissione al volere del papa, anzi, parteggia apertamente per Manfredi, figlio di Federico, aderendo a quella lega di comuni ghibellini marchigiani che lo appoggiano al punto che tutti i monaci vengono scomunicati.

Con la morte di Manfredi nella battaglia di Benevento (1266) l’abbazia è costretta a piegarsi alla volontà papale ed essere definitivamente accorpata a Santa Maria di Chiaravalle di Fiastra; il 10 giugno 1265 è la data che segna la fine del monastero con tutte le sue immense ricchezze e il suo lento, ma inesorabile abbandono.

Leggende e molte lacune storiche ruotano attorno all’abbazia, ma sicuramente la più bella è quella che narra la romantica storia d’amore tra Lotario, valoroso cavaliere di Ascoli Piceno, e Imelda figlia del ricco e potente signore Eufemio che ostacola in ogni modo il loro amore. Per mettere fine al loro rapporto Eufemio rinchiude Imelda in convento dove la ragazza si lascia morire dal dolore. Lotario accecato dalla disperazione, uccide il padre della sua amata, ma preso dal rimorso si rifugia in una selva e fonda un cenobio in cui pregare per espiare la sua colpa; quel luogo, più tardi, diverrà Santa Croce.

Un’altra storia, stavolta frutto di un falso documento storico manipolato per sottolineare il legame tra l’abbazia e i carolingi, vuole che questo cenobio benedettino sia stato fondato dallo stesso Carlo Magno come ringraziamento a Dio per aver interrotto l’avanzata dei temibili saraceni. Una notizia riportata dallo storico locale Andrea Bacci, vissuto nella seconda metà del Cinquecento, che afferma addirittura che nel luogo ci fosse un palazzo di Carlo Magno di cui non si ha alcuna traccia né archeologica né documentaria.

Un ultimo mistero avvolge una bellissima lunetta scolpita che oggi si trova nella torre civica di Sant’Elpidio a Mare conosciuta con il nome di Torre Gerosolimitana o dei Cavalieri di Malta. Questa lunetta di arenaria risale al XI secolo e presenta il Cristo in croce sopra un agnello dalla cui bocca esce un intreccio di foglie che percorre tutto il semicerchio della stele. Sia la pregevole fattura, sia il tema impresso nella pietra lasciano pensare che questa scultura fosse parte del ricco patrimonio di Santa Croce; probabilmente era incastonata nel portale della prima costruzione romanica che fu per buona parte coperta da numerosi adattamenti successivi. I recenti studi archeologici hanno scoperto un corredo scultore di notevole valore artistico come dimostra il considerevole materiale lapideo rinvenuto durante il restauro che nel 2010 ha riconsegnato l’abbazia al pubblico grazie all’attività dell’Associazione Santa Croce che ne promuove lo studio e la valorizzazione.

Grazie all’Associazione Santa Croce di Sant’Elpidio a Mare raggingibili al sito web e su Facebook

Un ringraziamento particolare va a Manfredo Longi per la passione e la pazienza avuti nel periodo in cui mi accompagnava nei rilievi per la Tesi di Laurea. GRAZIE!

Piccola precisazione. tutte le immagini ed i filmati in CG sono relativi alla mia tesi di laurea:Santa Croce Al Chienti – Ipotesi di ricostruzione in realtà virtuale
discussa nel 1998

Testo del post di Federica Candelaresi