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Le meraviglie di stucco di Palazzetto Baviera

LE MERAVIGLIE DI STUCCO DI PALAZZETTO BAVIERA

La centrale piazza del Duca di Senigallia, salotto buono di una città amata da turisti italiani e stranieri, nasce come piazza d’armi.
Rettangolare e bianca è circondata da imponenti edifici come la Rocca, possente ed elegante, che occupa il lato lungo rivolto al mare e ha di fronte il raffinato Palazzo del Duca voluto da Guidobaldo II della Rovere come sede di rappresentanza della famiglia e dal quale si assisteva alle parate militari che sfilavano sulla piazza. Sul lato corto, che chiude il rettangolo, il Palazzetto Baviera.

Più minuto e solo apparentemente modesto, è un edificio di due piani che nasconde una storia iniziata in Germania più di ottocento anni fa, e accoglie il visitatore tra meraviglie che lasciano senza fiato dall’ingresso nell’elegante cortile di colonne bianche con pozzo centrale alle magnifiche sale decorate a stucchi.

Il Palazzetto nasce attorno alla prima metà del 1400 con la famiglia Baviera che deve la sua fortuna a Federico Barbarossa. Fu l’imperatore svevo che nel 1180 concesse la Baviera a Ottone di Wittelsbach la cui dinastia, che comprende anche i Baviera attivi a Senigallia, finirà nei primi anni del Novecento.

Nella loro lunga presenza a Senigallia, i Baviera acquistarono diverse residenze sia in città che nelle colline attorno e per le loro dimore chiamarono noti artisti che lasciarono un ricco patrimonio artistico nella città.  Nella stessa piazza, sul lato opposto a quello di Palazzetto Baviera, la famiglia era proprietaria anche un altro alloggio scomparso nel Settecento. Sensibili mecenati, amanti della bellezza e prodighi nei confronti delle confraternite religiose della città, percorsero la storia di Senigallia da protagonisti fino al Novecento.

Il 1474 è l’anno in cui Senigallia allaccia i rapporti con la famiglia Baviera: Giovan Giacomo di Baviera ha già un legame molto saldo con Giovanni della Rovere che in quell’anno sposa Giovanna figlia di Federico da Montefeltro. Giovanni della Rovere è nominato Signore di Senigallia e nella città il 23 ottobre del 1474 viene inviato proprio Giovan Giacomo Baviera come incaricato della famiglia della Rovere.  

Giovan Giacomo pone la sua residenza in un palazzo già esistente dal 1300 ampliandolo e modificandolo secondo i dettami rinascimentali poi rivisitati durante il restauro del Novecento che ne ha diminuito le finestre e chiuso i portoni laterali lasciando il solo ingresso dalla piazza.

Lo splendido cortile interno con le sue eleganti colonne oggi ospita insoliti alberi di banani ed è decorato con 19 epigrafi provenienti dalla collezione di Gian Giuseppe Baviera.

L’ultima discendente della famiglia, la marchesa Barbara Mazzarini Baviera Benedetti, nel Novecento compose il suo testamento con il quale il Palazzetto con tutte le opere d’arte e gli arredi interni venivano donati al Comune di Senigallia. Nel 1949 fu riconosciuto come Monumento Nazionale.

Fu Giuseppe Baviera (1530-1591) nel Cinquecento a modificare il Palazzetto, ma soprattutto a chiamare Federico Brandani da Urbino. Già molto noto assieme ai Genga – Girolamo Genga fu suo maestro e il figlio Bartolomeo collaborò assiduamente con lui nelle commesse ducali di Urbino e Pesaro – il Brandani fu uno dei maggiori scultori e stuccatori che operò nel Ducato di Urbino, ma anche a Loreto, Fabriano e poi oltre confine da Villa Giulia di Roma ai castelli piemontesi di Rivoli e Fossano.

Il lavoro a Palazzo Baviera fu piuttosto esteso e lungo occupando il Brandani per almeno un paio di anni. Giuseppe Baviera gli commissionò la decorazione dei soffitti di 5 sale a cui si aggiunge il piccolo Camerino della Vittoria. I temi da immortalare furono probabilmente decisi dal committente insieme all’artista. Ogni sala ha un numero di settori a stucco la cui grandezza è sempre variabile per dividere al meglio gli spazi. Gli stucchi originali realizzati dal Brandani erano policromi dipinti di oro e azzurro, una caratteristica rimasta solo nella sala dell’Antico Testamento.

Il visitatore entra nella sala maggiore che presenta un bel caminetto rinascimentale e gli stucchi dedicati alle vicende di Ilio (o Troia) con al centro il tema della caccia circondato dai racconti del mito dal Laocoonte, ad Enea, dal giudizio di Paride al cavallo di Troia. La sala e destra racconta le Fatiche di Ercole e al centro vi è la rappresentazione della madre terra attorniata dalle allegorie delle 4 stagioni. E’ noto che le fatiche di Ercole sono 12 ma il Brandani ne rappresenta solo 6 e sceglie quelle di minore importanza. L’ultima sala a destra è quella dedicata alle storie dell’Antico Testamento che presentano ancora il blu e l’oro originale.

Tornado alla sala di Troia si visitano le sale di sinistra che presentano la prima narrazione dedicata alla Roma Repubblicana descritta da Tito Livio a cui il Brandani rimane fedele nella rappresentazione. Il tema centrale è dato dalle allegorie della Carità, Architettura, Aritmetica, Pittura, e Astronomia, mentre nel racconto storico di Roma il Brandani pone di fronte la porta la guerra tra i Romani e i Galli lungo il fiume Allia ad esaltare il legame tra Senigallia, di origina gallica, e Roma.

Nella sala successiva, più minuta, il racconto della Roma Imperiale con i suoi protagonisti introdotti dalle allegorie centrali della Vittoria e della Fede. A chiusura del percorso il piccolo Camerino della Vittoria con il medaglione centrale dedicato alla Vittoria alata circondato dalle immagini di Giove, Mercurio e Bacco, Ares, Leda e il cigno.

Bibliografia

B. RUGGERI, Il ramo senigalliese della famiglia Baviera. Mecenatismo e collezionismo. Ostra Vetere, 2007
M. BONVINI MAZZANTI, Giovanni della Rovere, in M. BONVINI MAZZANTI – G. PICCININI (a cura di), La quercia dai frutti d’oro. Giovanni della Rovere (1457-1501) e le origini del potere roveresco, “Atti del Convegno di Senigallia 23-24 novembre 2001”, Ostra Vetere, 2004
I. ANTONIETTI – C. NARDINI, Federico Brandani a Senigallia. I soffitti del Palazzetto Baviera, Senigallia, 1995
M. BONVINI MAZZANTI, Senigallia, 1994
A. POLVERARI, Senigallia nella storia. Evo Moderno, 3, Falconara, Edizioni 2G 1985